martedì 12 febbraio 2013

Donne, vite, politica: cosa cambiamo

Non riesco a resistere alla voglia di rincontrarci e, grazie all’amica Claudia che mi offre un passaggio in macchina nello spazio che mi lascia la presentazione del mio libro tra Genova e Tortona, mi avventuro verso Bologna, con le stampelle come la volta scorsa. 
Il piacere di rivederci è sempre grande e ringrazio le amiche bolognesi e milanesi che hanno organizzato l’incontro: “nel nostro paese non c’è stato un movimento di emancipazione” Lea Melandri nella lettera di convocazione cita Dario di Vico e sostiene che “l’inclusione delle donne” tra le candidature viene da un sistema maschile in crisi più che da iniziative forti delle donne. Le candidate cooptate e grate ai leader maschi difficilmente metteranno in discussione l’ordine patriarcale esistente, in crisi profonda ma con un potere decisionale nelle mani di pochi uominii. E le donne bolognesi auspicano che “il partire da sé”, ormai entrato nelle fabbriche, nelle università e nelle professioni entri anche in Parlamento e nei consigli.
Vorrei riprendere il mio intervento ma prima voglio ricordare alcuni concetti che sono emersi durante la giornata perché penso importante collegare i discorsi e delinearne il filo che li attraversa, sennò si rischia ciascuna di parlare da singola e la relazione non emerge o si manifesta con tensioni non chiare. Mi scuso con chi è intervenuta al pomeriggio: ero stanca e non ho più preso nota e ricorderò solo ciò che mi ha più colpita.
Gli interventi si susseguono veloci (forse bisogna rivedere la rigidità dei 5 m.) e molte rilevano che il maggiore numero di donne elette, quel probabile 30% finora mai raggiunto in Parlamento, può rappresentare una novità tutta da costruire: SNOQ non è generosa con le donne che sono state in Parlamento prima (Bia Sarasini) e mi sembra, dall’atmosfera che si respira che anche qui si è poco generose con chi ci andrà ora. Lia Cigarini chiede molto in termine di cambiamento, ricorda il coraggio delle Pussy Riot con il concerto punk in Chiesa e l’attacco diretto a Putin in nome del femminismo. Aggiunge che è meglio non legiferare se si imbriglia la libertà delle donne,” la Costituzione basta e avanza, la libertà non è riconducibile alla democrazia” Ricorda che nel femminismo si è usato con cautela il giudizio sull’operato delle elette e chiede che ora si sottopongano al giudizio femminista e non solo a quello degli uomini.
Marina Terragni si dice affaticata dalla resistenza incontrata a promuovere candidate e sostiene che abbiamo perso inutilmente tempo. L’esperienza del tavolo promosso da Anita Solego a Milano dimostra che ci sono scambio e relazione se c’è reciprocità che non si può pretendere da tutte. Fulvia Bandoli legge una parte dell’intervento mirato a d affermare il rapporto duale ed efficace con Franca Chiaromonte, sia in Parlamento che nel partito, e ritiene molto importante il lavoro legislativo fatto. Oggi dobbiamo sovvertire l’ordine e il potere maschile con un potere che viene dalla conoscenza e dal sapere, quello che genera un poter fare e un poter dire, un agire collettivo e relazionale (H.Arendt). Alcune dicono chiaramente che non hanno interesse a votare non per protesta ma perché nessuno fa proposte interessanti (Letizia Paolozzi) altre sostengono che più che fare oggi bisogna disfare. Dentro le istituzioni e fuori, due mondi che non si confrontano e che producono l’uso di Noi e Voi. Le giovani sbottano: “volete capire che senza lavoro non siamo libere?” Richiedono reddito di cittadinanza e, sorprendentemente, l’assegno di maternità, quello dei governi di destra. Il problema per loro è di non poter diventare madri quando lo desiderano, più che la possibilità di abortire, garantita comunque da una legge da far rispettare.Tra le ex che sono state al governo delle città e in Parlamento interviene con molta onestà Luana Zanella spiegando le sue differenti esperienze con il supporto di altre e con l’entusiasmo comune. Gli interventi delle candidate femministe, Ida Dominijanni e Luisa Boccia, mi sembrano molto giustificativi e sofferti: il vanto di Vendola di liste femministe passa attraverso i loro corpi. Eppure sul loro pedigree femminista nessuna può dubitare, quindi la relazione c’è, forte di decenni, e la speranza di cambiare insieme a loro dovrebbe rassicurarci nonostante tutto.
Sono intervenuta in mattinata per dire che dovevamo tentare il cambiamento con le donne che saranno elette, soprattutto quelle che vorranno relazionarsi a noi, e che questa volta, per tante delle ragioni dette lì, sarebbe stato più facile e necessario.
Il simbolico maschile, impoverito come non mai ma subìto in questa nauseante campagna elettorale di pochi uomini che si parlano tra di loro (quelli che hanno deciso ancora una volta chi nominare, più che chi fare eleggere in Parlamento), non è più sopportabile non solo dalle femministe, ma dai giovani e dalla totalità di donne e uomini italiani. Corruzione e spreco del denaro pubblico, tassazione che uccide i risparmi, disoccupazione, precarietà, chiusure e fallimenti ma soprattutto la vita delle persone tenuta in nessun conto sono caratteristica comune di una classe politica che a noi, non sa porre nessuna offerta elettorale credibile.
I poteri sono nelle banche e nella finanza, oltre che nella criminalità organizzata, e le decisioni si prendono in Europa e negli organismi finanziari internazionali
Uno stato con le sue istituzioni da rifondare, forme di convivenza e di società da ritessere, democrazia da reiventare. Abbiamo tante competenze tra noi, perchè non formuliamo e confrontiamo ipotesi? Loretta Napoleoni ha capito da anni che la Cina e i BRICS avrebbero reso l’eurocentrismo non più sostenibile e ora fa una ipotesi di euro a due velocità. Parlare di sviluppo e non considerare la decrescita ormai reale non ha più senso. A Venezia ecofemministe ne hanno discusso. Pensare in grande, dare forma ai desideri, riportare la vita al centro. C’è da riformulare anche il nostro linguaggio, liberarlo da “mantra” che stanno diventando ripetizioni rassicuranti e ripetitive. La sfida è alta ma solo noi abbiamo qualcosa da dire di nuovo
Di questo sono convinta. Mettiamoci a lavorare insieme e crediamoci. Questo desidero e questo mi aspetto.

1 commento:

  1. mettiamoci insieme e crediamoci: ecco! finalmente le donne dimostrano di saperlo fare, ultimamente se ne vedono molti segnali, e forse i tempi sono maturi davvero per riuscire a esprimere un modo di far politica diverso davvero. Anche se non mi aspetto che sarà quello delle "candidate" di partito! almeno all'inizio
    Vi leggo. Ciao, Armina

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